Cresce per le aziende italiane l’utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale e analytics per la gestione delle attività di marketing.
È quanto è emerso dalla ricerca diSelligent Marketing Cloud, piattaforma in cloud per il marketing omnichannel, in collaborazione con DI.GI. International, dal titolo “Marketing Automation: stato attuale e scenari futuri”, curata dall’Università IULM con la coordinazione della prof. Daniela Corsaro.
Lo studio, ha visto la partecipazione di 200 professionisti e manager delle aree marketing, digital, comunicazione e vendite, ed ha avuto come obiettivo quello di analizzare il ruolo della marketing automation nelle aziende italiane.
Marketing Automation: cresce l’utilizzo dei canali digitali
Il primo dato importante riguarda l’utilizzo da parte delle aziende dei canali digitali: i social media, e in particolare Facebook, il più utilizzato (77% del campione), rappresentano un canale sempre più importante per quanto riguarda le attività di marketing e vendite, a discapito del sito web aziendale (68%) e delle newsletter (63%).
Nella maggioranza delle imprese, l’uso di social media è incoraggiato ed il risultato percepito dagli addetti ai lavori è di un miglioramento delle relazioni con i clienti: a conferma del sempre più stretto legame tra social e vendite (1 venditore su 2sviluppa contenuti per i social media insieme ai colleghi del marketing).
La ricerca evidenzia poi come la comunicazione stia diventando, in risposta alla propensione dei consumatori, sempre più real time: i professionisti dichiarano infatti che i clienti, per interagire con l’azienda, utilizzano frequentemente l’instant messaging (66%) e i messaggi vocali (47%).
In parallelo, cresce l’utilizzo da parte dei brand di AI (50%), analytics (53%) e chatbot (41%) ai fini di marketing, vendite e assistenza.
Il marketing automation sta diventando sempre di più un mezzo adottato dalle aziende, anche se siamo ancora sotto la metà di quelle intervistate.
Infatti solo il 44% del campione coinvolto dichiara di utilizzare un sistema di marketing automation. I benefici più apprezzati, tra quelli derivanti da questo tipo di tecnologia, risultano essere:
miglioramento della customer experience;
aumento dell’efficienza del business attraverso una riduzione dei tempi d’azione e personalizzazione delle comunicazioni veicolate.
Il 40% delle aziende che utilizzano una piattaforma di marketing automation sono soddisfatte, anche se non mancano margini di miglioramento. Tra queste, le aziende vorrebbero la copertura di un numero più ampio di canali, una maggior semplicità di utilizzo e l’integrazione con altri tool incluso il CRM.
Investimenti e trend futuri
La maggioranza degli intervistati identifica la personalizzazione delle comunicazioni (55%) e l’utilizzo dei social media (46%) come pratiche che ogni azienda dovrebbe migliorare per ottenere maggiore successo.
In questi ambiti sono previsti gli investimenti futuri. Le nuove priorità, infatti per le aziende, sono diventate quella di generare personalizzazione per il cliente e poter attuare un marketing dove interagire quando il cliente vuole e dove vuole.
In generale, le aziende investiranno sustrumenti digital: in particolare, il 61% dichiara di programmare un aumento degli investimenti in tool focalizzati su personalizzazione e marketing 1:1, mentre il 58% darà la priorità in soluzioni di marketing automation.
Seguono le aree di content marketing e predictive analytics. In particolare, lo studio rivela come la marketing automation sarà maggiormente utilizzata nelle aree legate ai servizi post-vendita, alla raccolta e gestione dei feedback dei clienti e alle iniziative cross-selling.
Le aziende tenderanno sempre di più ad allontanarsi da una logica legata alla ‘quick sales’, verso una gestione di tutti momenti relazionali, appunto anche quelli ‘dell’ultimo miglio’, che sono fondamentali per consolidare la fiducia e non rischiare di essere percepiti come opportunistici.
Conclusione
“I risultati di questa ricerca ci confermano che le aziende sono sempre più consapevoli dell’importanza di investire per creare un approccio relazionale nell’interazione brand-cliente. Un aspetto che era già centrale, ma che lo diviene ancora di più nel mercato post Covid-19, dove prevalgono incertezza e mancanza di fiducia” ha commentato Gian Musolino, Country Manager di Selligent Marketing Cloud. “In questo contesto, piattaforme di marketing automation come la nostra, giocano un ruolo fondamentale perché non solo migliorano l’esperienza con i clienti ma creano efficienza interna”.
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Le esigenze e i desideri dei clienti sono in costante evoluzione e a volte assistiamo a cambiamenti repentini che rendono impossibile una reportistica affidabile.
Gli scenari cambiano così rapidamente che ogni tentativo diventa inutile. Per questo valutare i risultati delle proprie campagne pubblicitarie diventa sempre più difficilee il problema non fa che peggiorare perché siamo nel bel mezzo di una crisi economica e le risorse sono limitate.
Sfruttando la ritrovata voglia di normalità della gente, i marketer avranno tante opportunità per fare davvero la differenza.
In un nuovo video di Google, facente parte della nuova serie dal nome Update, Marie Gulin-Merle, Global VP di Ads Marketing di Google e Vidhya Srinivasan, VP Measurement & Analytics, entrambi responsabili di metriche e analisi dei prodotti pubblicitari di Google, ci parlano delle metriche che valorizzano gli investimenti nel marketing, per parlare dell’importanza delle misurazioni all’interno dell’attuale contesto.
La misurazione degli investimenti pubblicitari in tempi così turbolenti
I marketer devono restare in ascolto, come mai prima d’ora, suggerisce il team di Google nel video, soprattutto perché lo scenario cambia a vista d’occhio. Nella sostanza, bisogna avere ben chiaro il polso della situazione.
Questo periodo è una congiuntura che nessuno di noi ha mai vissuto prima d’ora, e in generale, regna la massima incertezza.
Tutte le tradizionali metriche di base su cui ci siamo affidati, oggi non hanno più alcun valore.
Stiamo assistendo alla sospensione o al sostanziale ripensamento di intere campagne, e alla fine dipende tutto dal trovare gli insight. Perché è da questi insight che si può sviluppare un piano strategico.
Per capire il momento attuale bisogna affidarsi agli insight o alle metriche e questo vale sia per i leader che per i marketer.
In che modo l’attuale situazione ha messo alla prova il modo in cui i marketer affrontano le misurazioni?
In uno scenario ideale, le misurazioni sono complesse, e per i marketer, soprattutto durante questo periodo così difficile, la posta in gioco è altissima.
Questo è vero per i clienti più grandi, ma è ancora più vero per le piccole e medie imprese. Questo perché cercano di capire dove investire risorse spesso limitate nel modo più efficiente possibile.
Così, le più grandi sfide per i marketer sono capire come acquisire e valutare i dati quanto più possibile e in tempo reale, in uno scenario in evoluzione, capire come trovare insight partendo dai dati, capire come sfruttare questi insight per apportare adeguate correzioni, e sopratutto capire come fare tutto questo tutelando al massimo la privacy dell’utente.
Su queste basi, Google sta ragionando sulle priorità e sul mettere a punto strumenti ideali per il lavoro dei marketer.
Secondo il team Analytics di Google ci sono 3 priorità principali:
aiutare i marketer a capire l’efficacia del loro investimento nel marketing;
aiutare i marketer a capire il sentiment dei propri utenti;
aiutare i marketer a capire fino in fondo come gli utenti interagiscono con i loro annunci e con l’ecosistema digitale, che sia su un sito o su app.
Il giusto compromesso per una corretta misurazione
Dai feedback dei clienti Google, emerge molto spesso la difficoltà di trovare il giusto compromesso fra misurazioni precise e accurate e contemporaneamente, il raggiungimento del risultato.
Google crede fortemente nelle metriche attuabili.
Parlando di accuratezza, esse si basano esclusivamente sul contesto e lo specifico utilizzo dei marketer.
Ma da una lettura superficiale di una situazione potrebbero sfuggire certe sfumature.
Allo stesso tempo, l’eccessivo approfondimento o la ricerca di un livello di precisione irraggiungibile
potrebbe portare i gruppi di lavoro a non intervenire.
Quindi, il compromesso ideale richiede il raggiungimento di un livello di precisione che possa stimolare l’attuabilità.
L’attuabilità dovrebbe essere la lente da usare per definire le metriche da tenere sott’occhio.
Nel video Google riporta degli esempi su come i marketer del proprio team hanno raggiunto dei risultati e ispirato i clienti.
Prendendo ad esempio l’impatto del brand successivo all’avvio della campagna pubblicitaria, è preferibile fare un resoconto poco dopo l’avvio della campagna, mentre la tendenza è di aspettare la fine: questo è un trade off sul livello di precisione.
Questo vale anche per la misurazione della reach. In entrambi i casi, il trade off fra il tempismo e la precisione è la scelta giusta per quell’utilizzo.
Il comportamento degli utenti e gli strumenti di analisi
Assistiamo attualmente a molte situazioni riferite ai comportamenti dei clienti.
Ad esempio, da un lato,la gente cerca informazioni sull’apertura degli hotel e delle concessionarie dall’altro lato, assistiamo anche a gente che pianifica una vita prettamente domestica.
Per mettere ordine fra tutti gli input, Google Analytics continua ad essere uno dei modi migliori per intuire come i tuoi clienti stiano interagendo con i tuoi principali touch point aziendali, che si tratti del sito o dell’app.
Grazie ai più recenti aggiornamenti, Analytics riesce a fornire una panoramica completa dell’interazione fra l’utente e la combinazione di sito e app.
Inoltre, Google Analytics può vantare capacità di machine learning per evidenziare insight fondamentali che potrebbero passare inosservate, oltre a offrire uno sguardo sul futuro grazie all’analisi predittiva.
Oltre a questo, è integrato nel sistema di Google Ads e nella Google Marketing Platform, che consente l’attuabilità diretta delle analytics.
Fra gli altri strumenti Google cita anche Data Studio, eccezionale strumento di produttività per mettere a frutto gli insight. È integrato con collegamenti diretti a strumenti come come Google Ads e Google Analytics,
e ti permette di visualizzare un aggiornamento in tempo reale dei tuoi dati per velocizzare il tuo processo decisionale.
Inoltre, fornisce template di marketing per accedere ai propri report preferiti e già dotati delle metriche più rilevanti, ed è anche possibile sfruttare funzionalità come l’invio programmato di email per ricevere reportistica sui trend.
Quindi parola d’ordine velocità, che si traduce anche in agilità e, a tal proposito, Google cita anche Google Optimize, grazie al quale, dopo i recenti aggiornamenti, puoi postare rapidamente un banner sul tuo sito per veicolare informazioni come un cambio d’orario, nuovi servizi e tanto altro.
Puoi anche scegliere su quali pagine del sito mostrare il banner, oltre a personalizzare la visualizzazione dei banner in base alla posizione geografica.
Come investire in questa fase: il modello di attribuzione
Mai come prima d’ora è importante investire in un modo equilibrato. Un modo di gestire il tutto, secondo Google, è tramite l’attribuzione in Google Ads.
Il modello di attribuzione in Google Ads aiuta a comprendere l’ investimento legato alle varie dinamiche che alimentano le conversioni di un sito.
Essenzialmente, assegna crediti ai vari annunci, clic e altri fattori che compongono queste dinamiche.
Google ha da poco presentato una nuova modalità di fruizione dell’attribuzione in Google Ads, per aiutare i clienti a visualizzare e comprendere i resoconti in un modo estremamente veloce.
In sostanza hanno messo in evidenza le metriche e le dinamiche a cui è necessario prestare molta attenzione per ottimizzare l’investimento.
Di recente, sono stati aggiunti ai resoconti di attribuzione anche gli insight per YouTube dedicati agli inserzionisti.
Grazie a queste nuove funzionalità, l’attribuzione in Google Ads ti aiuta a comprendere il modo in cui i clienti interagiscono con i tuoi annunci su YouTube, Search e Shopping prima della conversione per poi regolare di conseguenza il tuo investimento nel marketing.
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Misurare i risultati di un’ attività di marketingcostituisce un tassello fondamentale della strategia perché è ciò che ci consente di valutarne l’efficacia e decidere se e come replicarla. Molti professionisti, però, commettono degli errori in questa fase molto delicata.
Avinash Kaushik, Head of Strategic Analytics di Google, ci da 3 suggerimenti per misurare i dati in maniera corretta:
1. Contestualizzare le metriche
Spesso i marketer si compiacciono dei risultati della loro ultima campagna dicendo, ad esempio, che ha ricevuto 10.000 impressioni on-target, oppure che il suo video di 6 secondi ha ottenuto una percentuale di completamento del 60%.
In questi casi, la domanda da farsi è: “Che cosa vogliono dire tutte queste cifre? Sono positive o negative? Dovremmo andarne fieri o cercare di capire che cosa è andato storto?”
Ecco perché il mio primo suggerimento è:
a) fornire sempre il contesto delle metriche. Sono molti i modi in cui possiamo farlo e il più semplice consiste nell’utilizzare i benchmark di settore.
Affermare che “il video di 6 secondi ha ottenuto una percentuale di completamento del 60%” non vuol dire molto. Al contrario, la frase: “il video di 6 secondi ha ottenuto una percentuale di completamento del 60%, a fronte di un benchmark di settore dell’81%” ha un significato molto diverso! Fornire il contesto ci aiuta a capire davvero il risultato di un’attività e migliorarne il rendimento in futuro;
b) possiamo contestualizzare i dati anche rispetto ai risultati interni. Ad esempio, se l’ultima campagna email ha ottenuto un tasso di apertura medio del 20%, possiamo fissare un obiettivo del 23%. Quindi, dire che “il tasso medio di apertura nel febbraio 2020 è stato del 25%, rispetto a un obiettivo del 23%” è un modo per dimostrare di aver raggiunto un ottimo risultato!
c) un’altra informazione di contesto ideale riguarda il costo. Supponiamo che le nostre pagine di destinazione dinamiche, basate sul machine learning, abbiano generato 1,5 milioni di engaged view in un mese rispetto al solo milione raggiunto dalle vecchie pagine di destinazione statiche. È una cosa di cui andare fieri, giusto? Vediamo cosa accade se aggiungiamo il contesto: dopo aver calcolato i costi di sviluppo e manutenzione, scopriamo che le nuove pagine dinamiche hanno un costo per engaged view pari a 5 Euro mentre per quelle statiche il costo era solo di 1 Euro. Ecco la potenza del contesto: è un modo che ci aiuta a prendere decisioni più oculate.
2. Non commettere errori banali nei report
Il compito degli analisti di marketing è quello di tradurre dati altamente complessi in affermazioni semplici. Eppure può succedere di fare errori grossolani e facilmente evitabili. Ecco cosa bisogna assolutamente evitare secondo Avinash Kaushik:
a) non inserire nei report le sole percentuali. Dire che la nuova campagna digital ha portato un aumento del 100% nelle iscrizioni è un’informazione è pressoché inutile. Il numero degli iscritti è salito da 100 a 200 o da 10.000 a 20.000? C’è una bella differenza a riguardo.
Inserire le sole percentuali nei report, senza inserire cifre di riferimento, è un errore. Nel migliore dei casi, suggerisce che ci manca una conoscenza di base dei dati e del ruolo che giocano nel processo decisionale. Nel peggiore dei casi, ci fa sembrare disonesti, come se cercassimo di utilizzare i dati per dipingere un quadro più roseo di quello che sia in realtà.
Il segreto consiste nell’associare alle percentuali le cifre più rilevanti;
b) il secondo consiglio consiste nell’assicurare che i report non contengano ordini di grandezza misti. Facciamo un esempio di un’analisi che contiene la seguente tabelle di metriche: nella colonna delle entrate, le cifre sono 12,3 Mln, 3,5 Mln, 145.000, 2,0 Mln, 12.000, 674.000. Quasi ogni numero è espresso utilizzando una grandezza diversa. Ciò significa che chi legge il rapporto deve fare altri calcoli per interpretare i dati. L’approccio ideale è il seguente: 12,3 Mln, 3,5 Mln, 0,15 Mln, 2,0 Mln, 0,01 Mln, 0,67 Mln.
Ogni cifra è allineata allo stesso ordine di grandezza, in modo che sia più facile confrontare i dati e ridurre il carico di elaborazione.
Ecco un altro esempio. Tutti guardiamo i video di YouTube. Se osserviamo le cifre relative a quanti utenti hanno gradito o meno questo video, vediamo che sono riportate con ordini di grandezza diversi:
In un certo senso, le cifre danno più peso al feedback negativo e sono fuorvianti. Se invece i “Mi piace” e i “Non mi piace” fossero sullo stesso ordine di grandezza, ad esempio 15k e 0.8k, il quadro sarebbe molto più veritiero.
Il modo in cui scegliamo di presentare i dati ha un notevole impatto perché attira l’attenzione su un aspetto piuttosto che su un altro. La prossima volta che presentiamo i risultati di una campagna al nostro cliente o direttore marketing, fate in modo che i dati nel reportsiano allineati sullo stesso ordine di grandezza, suggerisce Avinash Kaushik.
3. Lasciarsi guidare dai dati
Dedichiamo molto tempo a pianificare e perfezionare una campagna di marketing. Abbiamo implementato un piano di misurazione, che definisce KPI, target e segmenti. Di solito il passo successivo consiste nel lanciare la campagna e aspettare fino alla sua conclusione per capire che cosa è successo. Ma si tratta di un grosso errore.
Le campagne di marketing digitale producono grandi quantità di dati sin dall’inizio. Questa regola vale sempre più anche per le campagne televisive e a mezzo stampa. Questo significa che possiamo iniziare a trarre preziose informazioni sin dal lancio della campagna e introdurre variazioni e ottimizzazioni per far rendere di più il nostro investimento.
Se non modifichiamo il 60% delle creatività, del targeting e del budget sulla base di quanto appreso dal primo 30% della spesa sostenuta, significa che non abbiamo capito come funziona. A dire il vero, forse dobbiamo proprio ripartire da zero.
Non è sempre facile creare team e definire processi che garantiscano agilità sufficiente per imparare e di adattarsi sul momento. Ma è fondamentale se pensiamo all’impatto enorme che potrebbe avere sulla profittabilità della propria strategia di marketing.
Conclusioni
Se vogliamo ottimizzare la nostra attività di inserzionisti, dobbiamo essere in grado di capire meglio l’impatto del nostro lavoro e imparare a comunicarlo in modo adeguato. Per ottenere questo risultato, dobbiamo migliorare il modo in cui misuriamo l’efficacia del marketing sulla nostra azienda, per capire se la fa progredire o ne frena lo sviluppo. Se seguiremo questi tre suggerimenti potremo creare un vantaggio competitivo per la nostra azienda.
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Spesso i marketer hanno difficoltà a definire una particolare metrica come potrebbe essere il bounce rate, spesso confuso con l’ exit rate o con altri criteri poi di fatto non pertinenti. Proprio per questo, in questa breve guida ti aiuteremo a fare chiarezza a diventare un esperto di bounce rate.
Innanzitutto, per chi è alle prima armi, spieghiamo cos’è il bounce rate o semplicemente frequenza di rimbalzo.
Che cos’è il Bounce Rate
La frequenza di rimbalzo è quella percentuale che indica il numero di visitatori che hanno abbandonato la pagina senza proseguire nella navigazione. Corrisponde alla quantità di utenti che abbandonano una pagina di un sito senza interessarsi delle altre. Il rimbalzo, infatti, corrisponde alla sessione di una pagina sola, in virtù della quale viene attivata una sola richiesta. Non bisogna pensare, comunque, che un’ elevata frequenza di rimbalzo sia sempre un segnale negativo per il sito.
Nello specifico, tale valore serve per capire quante sessioni, una volta giunte sul sito, si limitano a visitare una pagina sola: il bounce rate non tiene conto del tempo in cui si rimane sulla stessa pagina. Questo vuol dire che, ai fini della misurazione della frequenza di rimbalzo, un utente che rimane sulla stessa pagina di un sito per dieci secondi e poi lo abbandona vale come un utente che rimane sulla stessa pagina di un sito per un quarto d’ora. La percentuale viene calcolata da Google Analytics ma può essere misurata anche da altre piattaforme di analisi e statistiche.
Come viene calcolato il Bounce Rate in Google Analytics?
Google analytics è lo strumento indispensabile per elaborare ed interpretare al meglio i dati di un sito web. Questo strumento, totalmente gratuito, permette infatti di analizzare i dati del proprio sito web riuscendo a testare la salute e le performance dello stesso e, più in generale, l’efficacia della strategia digitale adottata. Strumento indispensabile per capire cosa sta andando nel verso giusto e cosa c’è da migliorare, Google analytics permette di avere una panoramica sul traffico che sta generando il sito. Le visite generate vengono suddivise in:
Organic search (ricerca organica).
Social (visite provenienti dai vari social network associati alla pagina).
Referral.
Ricerca diretta (utenti che inseriscono nel browser di navigazione direttamente l’url del sito web).
Sapere da dove provengono le visite è un fattore molto importante per capire cosa sta realmente funzionando e cosa deve essere migliorato.
Per calcolare la frequenza di rimbalzo in Google Analytics devi ricordare due cose chiave:
1. un rimbalzo in Google Analytics è una sessione a una pagina singola su un sito web;
2. la frequenza di rimbalzo per una pagina si basa solo sulle sessioni che iniziano con quella pagina
Cosa significa nella pratica?
Facciamo un esempio con 3 sessioni.
Immagina che ci siano state tre sessioni utente sul tuo sito web. Durante queste sessioni, le seguenti pagine sono state visualizzate in questo ordine:
Sessione Uno: Pagina A > Pagina B > Pagina C > uscita
Sessione Due : Pagina B > Pagina A > Pagina C > uscita
Sessione Tre: Pagina A > uscita
Bounce Rate pagina A = 50%
Bounce Rate pagina B = 0%
Bounce Rate pagina C = 0%
Perché? Potresti pensare che la frequenza di rimbalzo della Pagina A sia del 33% perché la pagina è stata visualizzata tre volte e l’utente è uscito dal sito solo dopo aver visualizzato la pagina A. È un malinteso tipico, ma stata logica è in realtà la definizione di “tasso di uscita“.
Allo stesso modo, potresti essere tentato di pensare che la frequenza di rimbalzo della Pagina C sia del 100%, poiché tutte le sessioni che hanno incluso la Pagina C come parte del loro percorso sono state immediatamente seguite da un’uscita. Tuttavia, solo le pagine che iniziano una sessione sono incluse in questi calcoli.
Facciamo un altro esempio con 5 sessioni:
Pagina B > Pagina A> Pagina C> uscita
Pagina B > uscita
Pagina A > Pagina C > Pagina B > uscita
Pagina C > uscita
Pagina B> Pagina C> Pagina A> uscita
La frequenza di rimbalzo della pagina C è del 100%. È stata visitato quattro volte, tuttavia, solo una sessione è iniziata con essa. È, quindi, l’unica conteggiata da Google Analyticsnei suoi calcoli della frequenza di rimbalzo.
Cos’è un Exit in Google Analytics?
In poche parole, un’uscita è quando un utente esce dal sito in un modo o nell’altro.
Ciò significa che, se uno degli obiettivi del tuo sito è di portare gli utenti a cliccare su un rivenditore di terze parti dopo aver visitato la pagina di un prodotto, gli utenti dovranno uscire dal sito per essere conteggiati come una conversione.
In questo caso particolare, in teoria potresti avere contemporaneamente pagine con una frequenza di rimbalzo del 100% e una percentuale di conversione del 100%. Ma ridurre il numero di sessioni a pagina singola sul tuo sito è davvero il tuo obiettivo?
In caso contrario, potresti prendere in considerazione un KPI diverso per la tua attività. Per gli esperti di marketing SEO, spesso è l’indicatore KPI “go-to” quando si riferiscono sulle prestazioni, ma altri indicatori – come il tasso di uscita – potrebbero adattarsi meglio a seconda degli obiettivi del tuo sito web.
Come dovremmo utilizzare la frequenza di rimbalzo e la frequenza di uscita per un reporting efficiente?
1. Bounce Rate a livello di sito
“A livello di sito” – il calcolo generalmente presente nella dashboard di Google Analytics – la frequenza di rimbalzo indica solo la percentuale di sessioni a una pagina singola rispetto alle sessioni complessive.
A causa delle sue impostazioni predefinite, Google Analytics può essere fuorviante in quanto indicherà una percentuale decrescente con una freccia verde, suggerendo che è “buona”, mentre qualsiasi rialzo è contrassegnato in rosso e percepito come “non buono”. Tuttavia, avere una frequenza di rimbalzo più alta può essere una buona cosa, può darsi che l’utente habbia necessità di visitare solo una pagina per trovare le informazioni di cui ha bisogno. Ciò dipende interamente dal tipo di sito su cui stai facendo l’analisi e dal contenuto che offre (e-commerce, blog, informazioni o altro).
Le variazioni della frequenza di rimbalzo a livello di sito web non devono essere utilizzate per valutare le prestazioni del sito stesso, ma piuttosto per notificare una modifica che richiede ulteriori indagini.
2. Bounce Rate a livello di pagina
Se la frequenza di rimbalzo aumenta per una determinata pagina, è importante valutare il tipo di pagina per capire se la il cambiamento è positivo o negativo.
Facciamo alcuni esempi:
homepage: un aumento della frequenza di rimbalzo è generalmente negativa e significa che pochi utenti vogliono visitare il tuo sito oltre la homepage.
contenuto/articolo: un aumento della frequenza di rimbalzo potrebbe significare che gli utenti hanno trovato le informazioni di cui hanno bisogno. In questo caso, la frequenza di rimbalzo da sola non può essere utilizzata per determinare una variazione positiva o negativa.
pagina prodotto: un aumento del bounce rate sulle pagine con funzionalità di e-commerce deve essere analizzato insieme alle recenti modifiche del template del sito per garantire che l’esperienza dell’utente non influisca negativamente sull’esperienza di acquisto.
3. Exit Rate a livello di sito
A livello di sito, l’exit rate non fornisce dati molto significativi poiché gli utenti dovranno sempre uscire da un sito da una delle sue pagine, a un certo punto.
Google Analytics fornisce ancora questo tipo di dati nella scheda “Comportamento“, ma non è consigliabile utilizzare queste informazioni per fare un report delle performance web.
La percentuale di uscita a livello di sito non può essere che del 100%. Tuttavia, tieni presente che Google Analytics calcola una media di exit page per tutte le pagine del sito al fine di ottenere una “media del sito”.
4. Exit Rate a livello di pagina
Qui è dove il tasso di uscita acquista senso. Se hai una user journey ideale per il tuo sito, l’ exit rate può aiutarti a identificare i cambiamenti nel comportamento degli utenti. Da qui, è possibile modificare i template delle pagine per portare gli utenti da un punto all’altro – utilizzando più pagine e monitorando dove gli utenti escono – e quindi terminare il percorso.
Ora che hai imparato la differenza tra frequenza di rimbalzo e frequenza di uscita potrai utilizzarli in modo efficace nei tuoi rapporti. Accedi a Google Analytics e inizia a scoprire cosa significano realmente queste statistiche per il tuo sito.
Nel post precedente abbiamo parlato della guida realizzata da Google, che illustra best practice e soluzioni che possono aiutare le aziende a ottimizzare i propri sforzi di marketing e far crescere la propria attività. In particolare, il collegamento di Google Analytics e Google Ads come soluzione vincente per ottimizzare le offerte e adattare il messaggio per il proprio pubblico.
Abbiamo spiegato perché mai oggi questa strategia è così importante, facendo riferimento al cambiamento del processo di acquisto di questi tempi. Un processo, non più lineare, in quanto gli utenti utenti stanno diventando sempre più esigenti e la sfida di ogni marketer è quella di anticiparne le intenzioni e soddisfarne le aspettative sempre più elevate e rendere le esperienze pertinenti e personalizzate.
Nella prima parte del postabbiamo descritto le soluzioni che aiutano i team a ottenere questi risultati e realizzare la crescita delle attività e, come il collegamento tra Google Analytics e Google Ads aiuti a ottimizzare le offerte e adattare il messaggio;
al pubblico
In questa seconda parte parleremo di:
a) come le funzionalità di machine learning e cross-device in Google Analytics e Google Ads aiutano i team a lavorare in modo più intelligente;
b) come ricevere gli approfondimenti di cui hai bisogno per trasformare le sfide di marketing odierne in opportunità di riuscita.
Google Analytics e Google Ads: best practice
Google spiega che, con gli account collegati, sarai in grado di:
a) comprendere il tuo pubblico a un livello più profondo;
b) acquisire una conoscenza dettagliata del rendimento delle tue campagne;
c) utilizzare queste informazioni per potenziare le attività di marketing e renderle più intelligenti;
d) valutare attentamente il rendimento delle campagne e adattare di conseguenza l’offerta e la creatività.
Di seguito, riportiamo alcuni casi d’uso significativi – suggeriti da Google – da cui prendere esempio una volta che i tuoi account sono collegati.
Attivare le funzionalità cross-device in Analytics
In Google Analytics puoi scoprire come i clienti interagiscono con il tuo brand su diversi dispositivi. Ad esempio, puoi vedere se gli utenti utilizzano inizialmente il telefono per navigare sul tuo sito e poi si spostano sul laptop per completare l’acquisto. Potresti decidere di aumentare la spesa pubblicitaria per gli annunci per dispositivi mobili dopo aver appreso che
molte conversioni desktop iniziano con un’interazione su questo tipo di dispositivi.
Puoi anche accedere a quattro nuovi report che ti aiutano a comprendere meglio il percorso che i tuoi clienti stanno compiendo sui loro dispositivi.
Questi report cross-device visualizzano solo dati aggregati e anonimizzati di utenti che hanno aderito alla pubblicità personalizzata. Come sempre gli utenti possono annullare la sottoscrizione in qualsiasi momento. Una volta comprese meglio le azioni intraprese dagli utenti sui vari dispositivi, puoi creare segmenti di pubblico più intelligenti che offrano esperienze sul sito
più pertinenti e utili.
Queste e altre funzionalità sono possibili quando scegli di attivare i segnali di Google. Se abiliti questa impostazione, puoi scegliere come target gli utenti che hanno effettuato l’accesso e hanno attivato la personalizzazione degli annunci.
Creare segmenti di pubblico in Analytics e condividerli con Google Ads
Un segmento di pubblico di Google Analytics è un gruppo di utenti con attributi comuni in un determinato intervallo di tempo. Ad esempio, un segmento di pubblico potrebbe semplicemente raggruppare gli acquirenti correnti oppure
quelli che hanno visualizzato la pagina del prodotto A e sono ritornati entro x giorni per acquistarlo.
Esistono tre modi per creare segmenti di pubblico in Analytics.
›› I segmenti di pubblico preconfigurati di Analytics sono un modo di iniziare. Questo tipo di segmenti include tutti gli utenti che hanno visitato il tuo sito, quelli nuovi, gli utenti di ritorno, quelli che hanno effettuato un acquisto e altri ancora.
›› Gli elenchi intelligenti sono un’altra possibilità. Consentono a Google di gestire il pubblico per tuo conto, utilizzando decine di dimensioni (ad es. la durata della permanenza degli utenti sul tuo sito e il numero di pagine che hanno visitato). In questo modo viene creato un elenco degli utenti che hanno maggiori probabilità di effettuare conversioni nelle sessioni successive.
›› Puoi anche creare le tue definizioni di segmenti di pubblico personalizzate in Analytics. Ecco alcuni esempi di segmenti di pubblico che puoi creare in Analytics:
1. visitatori che hanno aggiunto articoli al carrello ma che lo hanno abbandonato prima dell’acquisto;
2. visitatori che hanno effettuato ricerche sul sito ma non hanno acquistato niente;
3. visitatori con meno di x sessioni sul tuo sito;
4. visitatori che sono stati sul tuo sito in un periodo di tempo specifico;
5. visitatori in una determinata località.
La creazione di un elenco del segmento di pubblico in Google Analytics e la condivisione con Google Ads ti consente di concentrare le tue attività di marketing su tali utenti. Puoi vedere questo segmento di pubblico nei rapporti di Google Analytics per scoprire come interagisce con le tue attività di marketing.
Ecco i passaggi per condividere i segmenti di pubblico in Google Ads.
Creare e importare completamenti obiettivo
Mentre una conversione in Google Analytics di solito rappresenta il completamento di un acquisto o l’acquisizione di un lead, un obiettivo può corrispondere a qualsiasi metrica che ritieni importante, come la durata della permanenza su un sito, un’azione specifica intrapresa su una pagina o una conversione. Quando un visitatore del tuo sito esegue un’azione definita come obiettivo, Analytics la registra come una conversione. L’utilizzo degli obiettivi ti consente di comprendere meglio come i clienti interagiscono con il tuo sito e ti aiuta a misurare l’efficacia della tua strategia di marketing.
L’importazione dei tuoi obiettivi di Google Analytics in Google Ads ti consente di:
1. analizzare l’attività degli utenti sul tuo sito web dopo un clic o un’impressione sull’annuncio;
2. visualizzare nelle schede Campagne e Gruppi di annunci di Google Ads le metriche sul coinvolgimento del sito di Google Analytics, come Frequenza di rimbalzo, Durata sessione media e Pagine/sessione;
3. accedere ai dati di conversione direttamente in Google Ads per modificare le offerte, in modo da aumentare potenzialmente le conversioni e ridurre i costi.
Ora che hai implementato le best practice viste in precedenza, puoi esplorare le molteplici opzioni di generazione dei report disponibili in Google Analytics, in modo da capire l’andamento della tua attività di marketing e intervenire per migliorarla. Ad esempio, conoscere l’interazione tra il tuo sito web, gli annunci e altri canali come email e social ti aiuterà a ottimizzare i messaggi e la creatività.
Analytics ti offre una visione d’insieme del processo che porta a una conversione. Anche se il percorso del cliente è complesso, trovare approfondimenti può essere estremamente facile grazie alle tre categorie di rapporti: Acquisizione, Comportamento, Conversione.
Report sull’acquisizione
Per aiutarti a capire meglio come, gli utenti che fanno clic sulla tua campagna pubblicitaria sono arrivati al tuo sito, Google Analytics offre i seguenti rapporti predefiniti nella barra laterale nella sezione Acquisizione.
Tutto il traffico: quanto sono efficaci le tue campagne? Le campagne che pubblichi via email sono più efficaci di quelle sulla rete di ricerca? In “Tutto il traffico” puoi comprendere l’origine e il mezzo del traffico, ossia l’inserzionista o il canale di marketing che ti invia il traffico. In linea di massima, poiché i tuoi dati riflettono il modo in cui hai impostato la struttura della campagna. Per Google Ads , Google consiglia la codifica automatica che ti aiuta a comprendere facilmente il traffico del tuo sito. Per i media non di Google, l’assegnazione di un nome alla Campagna personalizzata può aiutare a migliorare i rapporti che crei in base a origine e mezzo.
Google Ads: i rapporti di Google Ads forniscono approfondimenti sul rendimento post clic degli utenti che hanno fatto clic sui tuoi annunci e sono poi passati al tuo sito web.
Ecco alcuni esempi di report Google Ads:
›› Campagna: vuoi conoscere l’efficacia delle tue campagne Google Ads per attirare nuovi utenti e fare aumentare le azioni sul tuo sito? Questo rapporto analizza il traffico proveniente dalle tue campagne
Google Ads per rispondere a queste domande e darti un’idea migliore del rendimento delle tue campagne.
›› Parole chiave: alcune parole chiave indirizzano il traffico ma hanno una frequenza di rimbalzo elevata? Quali sono quelle che generanoentrate? Questo rapporto consente di comprendere il rendimento di diverse parole chiave, incluso quello relativo delle parole chiave correlate.
›› Query di ricerca: quali query di ricerca hanno portato alla visualizzazione dei tuoi annunci? Questo rapporto risponde a
queste domande e ti aiuta a perfezionare il modo in cui raggiungi il tuo pubblico.
Report sul comportamento
I report sul comportamento ti aiutano ad analizzare meglio il comportamento degli utenti sul tuo sito web dopo che hanno fatto clic sugli annunci, consentendoti di scoprire quali contenuti hanno il rendimento migliore. Ecco alcuni esempi di rapporti sul comportamento in Analytics.
›› Contenuti del sito: il raggruppamento del sito consente di confrontare il rendimento delle diverse parti dei contenuti del sito. Quante visualizzazioni di pagina sta ricevendo la sezione di abbigliamento maschile del tuo sito? Oppure come sta andando la sezione abbigliamento per il tempo libero? Per scoprirlo, crea raggruppamenti di contenuti che riflettono la struttura logica dei contenuti del tuo sito, per poi visualizzare le metriche sul rendimento aggregate in base ai
raggruppamenti di contenuti.
›› Eventi: quali sono le azioni intraprese dagli utenti sul tuo sito? Gli utenti scaricano contenuti, si iscrivono a newsletter o guardano video? Quando configuri Eventi, puoi vedere i dati sulle interazioni degli utenti e misurare gli eventi principali sul tuo sito.
Report sulle conversioni
In Google Analytics una conversione è il completamento di un’attività importante per il successo della tua attività, come il completamento dell’iscrizione alla newsletter via email o un acquisto.
Gli obiettivi ti aiutano a vedere i passaggi che gli utenti intraprendono nel loro percorso di acquisto. Anche se il tuo obiettivo primario potrebbe essere quello di favorire le conversioni, per gestire efficacemente la tua attività devi comprendere le interazioni con il sito che precedono la conversione. In Analytics, i rapporti Flusso obiettivo possono aiutarti a vedere il percorso intrapreso dagli utenti verso la conversione e se ci sono punti di abbandono mentre gli utenti navigano tra i tuoi contenuti.
Per i siti in cui gli utenti effettueranno acquisti, i rapporti E-commerce ti aiutano a farti un’idea migliore delle conversioni che si verificano sul tuo sito. Ricevi approfondimenti utili sui tuoi prodotti e sulle transazioni in corso sul tuo sito, sui tempi di acquisto degli utenti, sul valore medio degli ordini e altre informazioni utili sugli acquisti degli utenti.
Dopo aver analizzato il rendimento degli obiettivi e/o dell’e-commerce, puoi utilizzare i rapporti Canalizzazioni multicanale per vedere come tutti i tuoi canali interagiscono per generare le vendite. I rapporti sulle canalizzazioni multicanale sono generati dai percorsi di conversione, vale a dire le sequenze di interazioni (clic, referral da canali ecc.) durante i 90 giorni che hanno portato a ciascuna conversione. Analytics registra fino a 5000 interazioni per percorso di conversione.
Conclusioni
Abbiamo illustrato in dettaglio la guida fornita da Google per collegare gli account e sfruttare le potenzialità di questi strumenti: dalle funzionalità cross-device ai segmenti di pubblico, ai vari report utili per ottimizzare la tua strategia di marketing.
Ci sembra che il vantaggio di fare tale operazione, sia evidente. Anche se i consumatori di oggi sono più esperti ed esigenti, questo può solo contribuire a migliorare sempre più per costruire relazioni più solide ed efficaci.
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