Seasonal Marketing: a Natale siamo tutti più bravi

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D’accordo, l’abbiamo capito: è quasi Natale. Se i più distratti se ne accorgono sempre all’ultimo secondo e si vedono costretti alle corse al regalo, i più avranno certamente notato che ogni anno sembra non essere mai troppo presto per iniziare a esporre luminarie e festoni.

Come sempre, i primi a ricordarci l’arrivo delle feste sono aziende e commercianti, che sperano di raccogliere il più possibile da un’occasione tanto fertile: allora ecco che le pubblicità si fanno insistenti e renne e pupazzi di Natale compaiono su ogni schermo.

Da un punto di vista più tecnico, possiamo notare come le performance di un sito in termini di traffico generato seguono sempre delle fluttuazioni cicliche. La domanda rispetto al prodotto o servizio offerto segue una certa stagionalità, business B2B ad esempio, vedono solitamente un calo nella crescita durante il mese di Dicembre, dove l’attenzione è catalizzata da aziende B2C che si contendono i clienti.

Per questo motivo, ci sembra appropriato trattare ora il tema del Seasonal Marketing, che consiste nell’aggiustare e adeguare le campagne marketing impostate per raccogliere ogni opportunità di promozione e generazione di traffico offerta dagli eventi chiave di ciascuna stagione.

Prendere in considerazione questo aspetto del marketing significa tenere uno sguardo attento sul nostro calendario, identificare occasioni appropriate e sfruttarle a nostro favore. L’obiettivo è far crescere l’interesse per il nostro prodotto o servizio e massimizzarne il ritorno.

Il periodo natalizio è sicuramente il caso più indicativo di cosa possa significare adottare tattiche di Seasonal Marketing. In questo periodo il volume dei possibili clienti aumenta esponenzialmente e gli utenti si muovono con una mentalità diversa, più aperta all’acquisto e quindi ricettiva verso messaggi e strategie promozionali. Per incontrare questa nuova mentalità e per restare competitivi sul mercato, molti brand scelgono quindi di ridefinire il loro messaggio e il loro contenuto. Ecco una guida in 5 punti su come sfruttare al meglio questo strumento di marketing.

Seasonal Marketing: a Natale siamo tutti più bravi

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[Un esempio di seasonal marketing calendar per il mercato americano del 2016]

Strategie di questo genere non si adattano esclusivamente ad aziende B2C che offrono un prodotto ben definito, ma anche a business che propongono servizi o che sono orientate al B2B: l’importante è saper identificare le migliori occasioni stagionali rispetto al proprio mercato di riferimento. Per fare un chiaro esempio pensiamo a un’azienda come Spotify, che offre un servizio di streaming di musica: in questo caso saper sfruttare le occasioni in calendario si traduce in una proposta di playlist selezionate o nella più recente campagne “A Year in Music”, che permette agli utenti di ritrovare le canzoni che hanno più ascoltato nell’arco dell’anno.

Per quanto l’efficacia di campagne orientate al Seasonal Marketing sia comprovata, pianificare una  strategia del genere che risulti efficace richiede tempo e una buona organizzazione, e spesso le piccole aziende non riescono a sfruttarle quanto potrebbero. Ecco 5 passi per non restare indietro.

  • Scegli l’occasione perfetta per la stagione

Le vere potenzialità del Seasonal Marketing non stanno solo nel far fruttare un evento o festa in calendario, ma nell’utilizzare questi ultimi come trampolini di lancio per una strategia più ampia. Si tratta di occasioni fondamentali per avvicinarsi alla propria audience, coinvolgerla con maggior decisione, far crescere l’engagement: su queste basi potremo poi creare altre campagne che raccolgano questa crescita e che la ottimizzino in funzione della conversione.

Prima di impostare ogni strategia è sempre necessario indagare su gusti, abitudini e desideri della nostra audience. Questa fase sarà fondamentale anche per comprendere su quali dei diversi eventi stagionali a nostra disposizione ci conviene puntare, o se ci sono occasioni particolarmente sentite dal nostro pubblico.


  • Definisci il messaggio della campagna

Una campagna stagionale punta sulla temporaneità del messaggio e per ottimizzarne al meglio gli effetti dobbiamo assicurarci di veicolarlo attraverso quanti più canali abbiamo a disposizione. Questo non significa che il contenuto proposto debba essere lo stesso per il sito o i diversi social: come abbiamo scritto in più occasioni, ogni social network ha dinamiche specifiche e richiede differenti modalità di comunicazione.

Il messaggio che lanciamo in queste occasioni deve puntare sull’emotività: in questo modo, puntando sulla rievocazione di emozioni comunemente legate al momento o alla ricorrenza festiva specifica, faremo in modo che l’utente che ci legge ci percepisca come intimamente connessi a lui e a quello che sta vivendo. Dobbiamo inserirci nel racconto di una storia, del percorso che il nostro cliente sta vivendo e dobbiamo mostrarci come partecipi e coinvolti.

La pubblicità di Natale di John Lewis è ogni anno tra le più attese del pubblico inglese. Quest’ultima conta quasi 23 milioni di visualizzazioni ed è ormai uno dei loro principali strumenti di generazione traffico.


  • Pianifica

Un approccio di Seasonal Marketing non può essere adottato senza una buona pianificazione: la tempestività è fondamentale. Questo significa non solo selezionare bene le occasioni in calendario che vogliamo sfruttare e pianificare in anticipo le diverse campagne, ma anche definire con un buon anticipo ogni fase di sviluppo e attuazione della campagne stesse.

Non basta gridare al Natale per richiamare clienti e far crescere le condivisioni: le feste sono ricorsive, i consumatori sono esposti ogni anno a un’infinita quantità di promozioni che puntano sugli stessi temi. Per essere originali, per distinguersi, occorre dedicare tempo e energie.

Quest’anno H&M ha scelto una pubblicità dall’evidente alto valore di produzione, con un regista importante, Wes Anderson, un attore molto popolare, Adrien Brody.


  • Organizza tutti i tuoi canali

Impostando una strategia di Seasonal Marketing, soprattutto quando si punta specialmente a pochi eventi importanti nel corso dell’anno, dobbiamo allineare tutte le piattaforme marketing a nostra disposizione: social, email, blog, SEO. In questo modo la strategia risulterà coesa e il flusso di contenuti veicolati otterrà migliori risultati.

Un buon esempio è stata la campagna della catena di supermercati inglesi Budgens, che ha saputo sfruttare al meglio ogni canale social, sempre in funzione del Natale. Hanno scelto di privilegiare Twitter e Instagram per far parlare la mascotte #BuddieThePug creata apposta per l’occasione che ha generato un alto volume di coinvolgimento da parte dei clienti e degli utenti dei social.

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  • Monitora i tuoi risultati

Come sempre, questo aspetto è essenziale. Tenere sotto controllo gli analytics è fondamentale per comprendere se la strategia scelta sia vincente e dove sia invece necessario intervenire.

Dobbiamo chiederci qual è la fonte di traffico più significativa, quali pagine ottengono il miglior bounce rate e quali convertono meglio.

Una volta terminata la campagna, raccogliere un report esaustivo ci permetterà di costruire un buon terreno su cui partire per impostare le nostre strategie dell’anno successivo: sapremo su che canale puntare e quali temi otterranno le performances migliori. Allo stesso tempo dobbiamo stare attenti a non ripeterci, non possiamo proporre ogni anno lo stesso contenuto.


Ogni anno si presentano occasioni importanti per lanciare campagne mirate e che solitamente risultano di grande impatto anche sui mesi successivi. Saper sfruttare questi momenti e raccogliere il massimo che hanno da offrire in termini di generazione di traffico, engagement e lead generation richiede un’accurata pianificazione, che segua i principi del Seasonal Marketing.

Web Analytics: come misurare il customer journey e le canalizzazioni multicanale, prendendo esempio dal rugby.

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Immaginiamo il digital marketing come una partita di rugby.

I canali attraverso i quali veicoliamo informazioni e pubblicità sono i giocatori, il prodotto o il servizio è il pallone ovale e la vendita – se parliamo di ecommerce – è la meta.

Quanti passaggi facciamo per arrivare al nostro goal? E qual è quello decisivo?

Proprio come nel rugby, le giocate possono essere infinite e spesso il pallone va passato all’indietro: difficile quindi stabilire esattamente dove comincia l’azione che ha portato alla meta.

Riportando il tema ad un livello più concreto, non è difficile immaginare come un utente multicanale possa completare positivamente il processo d’acquisto.
Più complesso è dare una valutazione – anche economica – al funnel e valutare il ROI per ogni canale utilizzato.

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Un utente è alla ricerca di un prodotto o di un’offerta specifica e cerca sui motori di ricerca per stabilire quale azienda intercetta la propria domanda cliccando su un annuncio sponsorizzato o sui i primi 3 risultati organici che restituisce Google.

Il suo processo decisionale sarà veicolato dalle pagine del sito web che ha scelto anche se è possibile non completerà l’azione proprio in quel momento.

L’azienda userà la tattica del retargeting e il giorno dopo comparirà nella home feed di Facebook del suo potenziale cliente attraverso un buon annuncio sponsorizzato in cui magari sottolineerà la qualità principale del prodotto.

Come nel rugby dicevamo la palla può tornare indietro, non è necessario “aggredirlo immediatamente”.
Ecco quindi che il “coach” usa ancora l’arma del retargeting – questa volta nella rete display di Google – e proporrà un 10% di sconto per registrarsi al sito.

Ora la squadra cerca di affondare il colpo: una buona newsletter personalizzata fornisce all’utente le ultime informazioni: spedizione gratuita in 48 ore e reso gratuito.

Click. Meta.

È facile stabilire – impulsivamente – che il canale che ha finalizzato il goal del “customer journey” è stata la newsletter a cui dovremmo attribuire il ritorno massimo del nostro investimento pubblicitario.

Sottovalutare l’importanza degli annunci CPC, dell’efficace comunicazione sui social network e del retargeting diventa un errore strategico che molte volte le aziende commettono perchè non misurano efficacemente la canalizzazione multicanale.

La conversione non è mai causata da una sola delle tecniche citate poco sopra – non le uniche utilizzabili tra l’altro – ma è il risultato di una concatenazione di informazioni e – per l’appunto – di canali attraverso i quali sono state veicolate le diverse adv.

La canalizzazione multicanale comprende anche la differenziazione dei device attraverso i quali vengono veicolate le informazioni: abbiamo scritto in questo articolo dell’importanza dei dispositivi mobile nel processo di acquisto e di come è consigliabile per le aziende non solo esserci, ma esserci nel momento giusto.

Strutturare dei report verticali relativi alla canalizzazione multicanale attraverso Google Analytics, diventa quindi uno strumento indispensabile per le aziende che vedono nel digitale la trasformazione migliore per il proprio business.

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Nella sezione dedicata alle conversioni, proprio nel tab della canalizzazione multicanale è possibile visualizzare la percentuale di conversioni provenienti dai diversi canali utilizzati.

Non basta. È infatti possibile stimare non solo quante conversioni dirette sono attribuibili ad esempio ai Social Media, ma anche quante conversioni indirette il canale ha generato.

Se l’utente non è stato convinto al primo click, ora sappiamo che questo strumento ha comunque influito sul suo processo di acquisto.

Un’analisi ancora più raffinata permette di ripercorrere – per ogni conversione – il funnel di vendita.

I “principali percorsi di conversione” analizzano tutto il processo e permettono all’azienda di comprendere il comportamento tipico del proprio cliente, valutando i canali più forti e scoprendone i punti di debolezza.

I risultati del ritorno dell’investimento permettono di stabilire dove e come allocare il budget messo a business-plan per il web marketing e di correggere, all’interno della propria strategia, le differenti azioni intraprese.

Il fattore tempo, in queste analisi, non può e non deve essere tralasciato.

Il cliente agisce d’impulso e ragiona sistematicamente prima di effettuare il pagamento? Se agisce emotivamente, sarà preferibile allocare una parte del budget del retargeting direttamente agli annunci sponsorizzati o sull’acquisizione traffico dai social media.

Al contrario, se il processo d’acquisto è più meditativo, dare un’informazione aggiuntiva per iterazione potrebbe rivelarsi la strategia vincente.

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Lancio lungo allo scadere del tempo o azione manovrata? Come un buon coach prepara la partita, così il responsabile delle attività di marketing dovrà rileggere tutte le attività che compongono la propria strategia e – se necessario – cambiare in corsa.

“La frase più pericolosa in assoluto è: Abbiamo sempre fatto così”, diceva Grace Hopper.

Google Analytics e una buona analisi dei processi di vendita multicanale sono invece la risposta più efficace per essere reattivi al cambiamento e vincere la partita del mercato digitale.

Il fattore M: e-commerce mobile e processo d’acquisto.

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Dovremmo chiamarlo m-commerce.

L’incremento sostanziale dell’utilizzo di tablet e mobile come fonte primaria di influenza nel processo decisionale d’acquisto è dovuto ad una serie ben definita di cause nonostante la prima tra queste sia – probabilmente – la più semplice: lo stiamo usando proprio in questo momento.

Per leggere questo articolo, per fare la spesa su Amazon Prime Now, per attingere a news e informazioni o per scoprire un nuovo prodotto.

Secondo un studio commissionato da Facebook IQ, i cui risultati sono stati pubblicati il 4 Febbraio 2016, su 2400 utenti “omni-channel”, il 56% del campione ha affermato di aver effettuato un acquisto da smartphone proprio perché lo stava usando in quel momento.

Questa risposta – banale in prima lettura – nasconde tre tematiche da sviluppare per indirizzare un’azienda a cogliere quell’attimo, perché è proprio in quei pochi secondi che il consumatore affronta il processo decisionale nella sua interezza: raccoglie le informazioni, cerca recensioni, trova il prezzo interessante ed è disponibile a pagare.

Il fattore M: e-commerce mobile e processo d’acquisto.

  • Come farsi trovare

L’utente target è “omni-channel“: è quindi propenso all’acquisto su mobile mentre è stato intercettato, ma possiede anche esperienza, cultura e mezzi per rimandare l’acquisto in un secondo tempo su desktop o addirittura scegliere il negozio fisico.

E’ strategico quindi modellare il media con cui comunicare il prodotto o servizio nel punto di intersezione tra la domanda e la vostra offerta.

Il bene potrebbe avere una domanda espressa quindi rispondere ad una ricerca dell’utente: in metropolitana l’user ricerca – molto probabilmente su Google – “palline da golf”.

Gli annunci sponsorizzati di Google (tralasciamo in questo articolo l’importanza del SEO) saranno il primo contatto tra l’azienda e il potenziale cliente.

           google adwords mobile                  facebook ads mobile

Attivare un buon annuncio alla chiamata di keywords rilevanti e, ancora più, di quelle specifiche – le cosiddette long-tail – e riuscire a fornire una parte qualitativa dell’informazione (non sempre il prezzo è lo strumento migliore) permetterà di intercettare il proprio pubblico di riferimento.

Non basta ovviamente, da qui comincia la battaglia vera e propria.

La tattica che porterà il miglior incremento dell’indice di conversione è il contenuto: “content is the king” recita un famoso detto ed è in assoluto il modo migliore non per convincere il cliente a comprare, ma per fornirgli le informazioni necessarie a decidere. Quanto più il contenuto sarà di qualità, tanto è maggiore la probabilità di conversione. Il potenziale cliente ha domandato “palline da golf”, nessuno più dell’azienda che le produce sa quali sono le informazioni necessarie per l’utente.

Il bene potrebbe però intercettare una domanda inespressa: un prodotto od un servizio nuovo, si pensi alla sharing economy e alla moltitudine di start-up nate in questi anni.

In questo caso l’utente non è a conoscenza del bisogno e il modo preferibile per comunicare con lui sono i social network.

Facebook e Instagram su tutti, permettono alle aziende di “colpire” gli utenti che hanno magari espresso preferenze simili e che quindi possono essere profilabili in prima istanza.

Anche qui il contenuto, della adv prima e della landing su cui atterrano dopo, sarà lo strumento preferibile per dargli la possibilità di cominciare il processo emozionale di acquisto.

Il contenuto non è solo l’informazione scritta e visuale: una buona esperienza di design permetterà all’utente di rimanere sul sito ed ottenere tutte le informazioni di cui ha bisogno per procedere con il checkout.


  • Come farsi scegliere

Secondo Webdesigner Depot, lo scorso marzo è stato il momento in cui per la prima volta – almeno negli Stati Uniti – gli utenti da dispositivi mobili hanno sorpassato gli utenti desktop.

Ecco quindi che UX e UI giocano un ruolo fondamentale nel marketing digitale perchè, come abbiamo già scritto sopra, è con questo strumento che il potenziale cliente effettuerà l’acquisto.

design responsive mobile

Un design pulito e semplice permetterà all’utente di non perdersi ed ottenere proprio le informazioni che cerca.

D’altra parte è un controsenso cercare complessità in un schermo ridotto e tutte le ultime tendenze trovano nel “minimalismo” la chiave di volta per un design di successo.

Mobile però significa multi-device e non tutti i dispositivi sono creati allo stesso modo.

E’ fondamentale quindi analizzare il device utilizzato più frequentemente dai propri utenti; sarebbe un errore pensare che iPhone users e Android users si comportino allo stesso modo.

Soprattutto per il mercato e-commerce è preferibile adattare il proprio sito o la propria app verso gli utenti iOS che hanno una capacità di spesa superiore rispetto ad Android.

Le pagine di categoria che attirano più traffico, immagini di ottima qualità, un menù chiaro sotto forma di burger icon (nonostante le numerose critiche), una funzione di ricerca ben ottimizzata e CTA chiare renderanno l’esperienza mobile perfettamente modellata sul cliente e permetteranno di guadagnare qualche secondo in più per influenzare il suo processo decisionale.

Il 56% compra da mobile significa però che il 44% utilizzerà un altro canale, probabilmente il negozio fisico; il terzo tema quindi è cercare di guardare il dato al contrario e interrogarsi sulle motivazioni.

  • Come abbattere le ultime barriere

I primi due punti portano ad interrogarsi sulle problematiche tutt’oggi presenti su molti siti e che fanno ancora propendere la decisione su canali alternativi.

La prima barriera da infrangere, soprattutto in Italia, è il grosso tema della sicurezza.

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Semplificare e rendere chiaro all’utente che le informazioni personali e di pagamento saranno per sempre al sicuro sul sito internet è altamente strategico.

Come lo è tutto il processo post-vendita. Il cliente deve avere informazioni molto chiare su spese di spedizioni, reso e assistenza che sono probabilmente i tre punti chiave: gratis e velocità sono le risposte per infrangere le ultime resistenze verso il mercato e-commerce, o meglio, m-commcerce.


Questo articolo partito dall’analisi di un dato commissionato da Facebook ha permesso di trovare delle risposte su come un’azienda dovrebbe muoversi per intercettare un mercato sempre più numeroso e alto-spendente.

Un’acquisizione traffico mirata, un buon design responsive e l’abbattimento delle ultime barriere che rendono in alcuni casi preferibili canali alternativi sono tre punti che verranno successivamente ampliati nell’ottica di trovare risposte sempre più mirate alle tematiche riguardo l’ecommerce ed in particolare all’omni-channel marketing.

Bing Ads: i 5 più importanti cambiamenti del 2016

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Non solo Google

Nel nostro blog, abbiamo dedicato un’apposita sezione a tutte le novità e le migliori strategie da implementare per massimizzare il ROI da una campagna di acquisizione traffico a pagamento su Google Adwords.

Da come costruire landing page efficaci, agli errori da non commettere, fino alle 10 tattiche migliori per il remarketing, abbiamo davvero affrontato quasi tutti gli argomenti correlati all’impostazione di una buona campagna.

Adwords ovviamente detiene il primato tra i tool per campagne ppc, se non altro perchè Google detiene il primato per le query di ricerca.

Mettiamola così: se hai un prodotto da vendere, vorrai comprare un affissione nella piazza principale della città, non certo in un vicolo cieco.
Ma cosa succederebbe se ad un certo punto, le piazze principali della città diventassero due, una già presidiata e una – più piccola ma molto alla moda – ancora da scoprire?

Quella piazza è proprio Bing.

In attesa di capire cosa succederà quando Yahoo smetterà di usare Bing come motore di ricerca predefinito, a causa della fine dell’accordo con Microsoft, si registrano davvero incrementi notevoli sia in termini di fatturato che di utenti attivi.

Microsoft revenue in the quarter ending Sept. 30 totaled $20.5 billion, up from $20.3 billion from the quarter a year prior, and net income was $4.7 billion, up from $4.6 billion from the same time last year, the company said Thursday.

Search revenue grew 9%, excluding traffic acquisition costs, according to the company, which cited both higher search volume and increased revenue per search.

The question is what happens to that business when Yahoo stops using Bing to power 51% of its desktop searches under a deal expiring Jan. 31.

In questo articolo vogliamo soffermarci e analizzare i 5 più importanti cambiamenti che Bing ha eseguito nella sua piattaforma di acquisizione traffico.

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Bing Ads: i 5 più importanti cambiamenti

Il redesign di Bing Ads cambierà il modo con cui creare nuove campagne sulla piattaforma.

In accordo con il blog ufficiale di Bing, questi cambiamenti saranno davvero significativi e riguarderanno tutti i target che puoi impostare prima di “settare” le campagne.

Quando crei una campagna su Bing Ads, infatti, puoi decidere quale sia l’obiettivo delle tue conversioni:

  1. Visitare il tuo sito web;
  2. Visitare il tuo negozio;
  3. Convertire un acquisto;
  4. Chiamare il numero di telefono della tua azienda;
  5. Vendere i tuoi prodotti attraverso “Bing Shopping”.

Lo scopo di farti scegliere un obiettivo è semplicemente legato all’organizzazione delle funzioni che Bing ti metterà a disposizione premesso che – comunque – potrai accedere a tutte quelle disponibili.


  • Copiare le impostazioni delle campagne

Bing ha reso più semplice copiare le impostazioni presenti in campagne già esistenti nel tuo account.

Tutto quello che devi fare è semplicemente “flaggare” il box “Use campaign settings from another campaign” e poi selezionare una qualunque delle tue campagne già impostate.

Tutte le impostazioni verranno automaticamente applicate alla tua nuova campagna.

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Credit: SearchEngineJournal

  • Location targeting

Ora è più semplice scegliere un luogo specifico di destinazione dei tuoi annunci con precisione millimetrica.

Puoi scegliere tra:

  1. C.A.P.;
  2. Città [il raggio target di default è 50 chilometri];
  3. Provincia/Regione;
  4. Stato.
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Credit: SearchEngineJournal

  • Suggerimenti di keyword

Il cambiamento più grande per l’user experience del marketer è la rivoluzione con cui vengono suggerite le keyword.

Basta inserire la URL del tuo sito web e Bing ti restituirà – dopo aver analizzato il codice – nuove keyword divise per gruppi.

Non solo, ti verrano mostrate:

  1. il volume delle ricerche mensili;
  2. il CPC medio mensile;
  3. la competizione sulla specifica keyword.
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Credit: SearchEngineJournal

  • Libreria delle estensioni

Nel setup delle campagne, Bing Ads ti mostrerà ora le estensioni – collegate agli obiettivi delle tue campagne – con cui completare gli annunci.

Se, ad esempio, l’obiettivo è attrarre utenti verso il tuo negozio, Bing mostrerà le estensioni per località all’inizio della libreria.

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Credit: SearchEngineJournal

  • Stima delle performance

Nella sezione dedicata al budget e ai bids con cui battere le aste, da ora potrai vedere la stima delle performance delle tue campagne:

  1. click;
  2. impressioni;
  3. spesa;
  4. posizione media.

La piattaforma ti mostrerà un’icona gialla di allarme per le campagne che stanno ottenendo performance più basse del previsto.

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Credit: SearchEngineJournal

Attraverso queste 5 novità Bing Ads promette di avvicinarsi sempre di più alla sorella maggiore di Google e permetterà ai marketer di diversificare la propria strategia di acquisizione traffico, ottimizzando gli investimenti dedicati al marketing digitale.

Se hai bisogno di una audit più specifico e di un’analisi sullo stato delle tue campagne su Google Adwords e Bing Ads, compila questo form.

Verrai contattato in 24 ore e avrai a disposizione un digital business audit gratuito della durata di 2 ore per creare insieme la strategia di digital marketing per il tuo sito web.

I 10 errori più frequenti commessi dalle startup innovative

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Abbiamo intervistato Nicolò Borghi di Heroico.me.

Nicolò – tra le altre cose – ha fondato Impact Hub, prima che i coworking andassero di moda e si occupa di startup da sempre.
Ci ha spiegato i 10 errori più comuni che ha visto commettere alle startup innovative negli ultimi anni e come evitarli per far quadrare il vostro business plan e rendere solido il vostro business model.


Siete tornati dalle vacanze e avete deciso di mollare il lavoro e finalmente buttarvi nel vostro progetto personale. Anni fa avremmo detto “mettersi in proprio” ma ora diremmo semplicemente “fare una startup”.

Perfetto, preparatevi a delle vere e proprie montagne russe emotive, fisiche, finanziarie. È un dato statistico ormai diffuso che circa 8, 9 startup su 10 falliscano entro i primi 2 anni. Con questo post vogliamo aumentare le vostre probabilità di successo e quindi ecco alcuni degli errori più comuni che si commettono quando si fa partire una startup. Cercate di evitarli e forse un giorno leggeremo di voi su TechCrunch.

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  • Partire dall’idea (e non dal problema degli utenti)

Molte delle più grandi aziende di oggi sono nate dalla frustrazione di qualcuno che voleva risolvere un problema specifico. E per risolvere quel problema ha deciso di creare da sè la soluzione. Troppo spesso invece gli aspiranti imprenditori non partono da un vero e proprio problema ma da una semplice idea che solitamente introducono con un “sarebbe bello se…”.

In altre parole creano soluzioni che vanno alla ricerca di un problema (che spesso non esiste) o che non sono talmente pressanti e rilevanti da poterci costruire una vera e propria azienda.

Come sostiene Paul Graham di Y Combinator nel saggio “how to have startup ideas” il modo migliore per avere buone idee per una startup è non sforzarsi di avere idee per una startup ma, appunto, cercare dei veri e propri problemi.

Le migliori startup hanno in generale tre punti in comune:

  1. risolvono un problema che i fondatori sentono in prima persona;
  2. i fondatori possono costruire la soluzione a quel problema;
  3. il problema è, inizialmente, abbastanza piccolo da non interessare altre aziende già attive.

  • Sviluppare il prototipo chiusi in casa

Facciamo finta che abbiate anche un’ottima idea per una startup. Ora è da realizzare. E qui sorge un altro grosso errore: iniziare a sviluppare il prodotto chiusi in casa e aspettare di lanciarlo sul mercato senza nessuna “validazione” da parte dei potenziali clienti.

Sono innumerevoli le startup che sono fallite perchè il proprio prodotto era stato sviluppato senza un vero e proprio feedback da parte degli utenti.

Quello che invece è necessario fare è costruire un prototipo, se non addirittura un pre-totipo, e iniziare a ricevere quanto prima opinioni da potenziali clienti.

Come sostiene il fondatore di WordPress Matt Mullenweg “Usage is like oxygen for ideas“. In altre parole, ogni momento che passate a lavorare su un prodotto senza farlo usare a potenziali clienti, lo state privando di aria (facendolo morire).


  • Tralasciare il marketing

Realizzare tecnicamente un prodotto? Forse non ci crederete ma questa è la parte facile. La parte difficile è invece capire come farsi conoscere, creare un funnel continuo di nuovi lead, e mantenere sempre alta l’attenzione verso il proprio prodotto.

Il marketing di una startup non è un singolo evento come molti pensando. Non sarà uscire sulle pagine di Wired che vi farà avere un successo. Questo vi farà semplicemente conoscere a più persone ma non c’è assolutamente garanzia che da quel momento in poi ci sarà la fila davanti alla vostra porta.

Come sostiene qualcuno il marketing di un’azienda, e tanto più di una startup non è come un annuncio in piazza, ma piuttosto è come dover parlare ad una processione infinita.

Due risorse utili se volete sapere di più su come fare marketing per la vostra startup sono le community GrowthHackers e Inbound.org.


  • Lanciare con troppe funzionalità 

Una tendenza che si vedo molto spessa è quella di aspettare a lanciare il prodotto per includere tutte(!) le funzionalità che abbiamo in mente. Questo è un grave errore ed è, tra l’altro, una conseguenza del punto n.2.

Per evitare questo errore, pensate semplicemente all’iPhone, indubbiamente uno dei prodotti più “disruptive” degli ultimi anni. Eppure, il primo iPhone non poteva fare video e non aveva la funzione “copia/incolla”. Se Steve Jobs è arrivato ad un tale compromesso, molto probabilmente potete fare lo stesso anche voi.

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Done is better than perfect

  • Non saper interpretare i feedback

Quando siamo innamorati della nostra idea, facciamo fatica ad accettare dei feedback negativi. Ed invece è proprio quello che ci serve. Prima arrivano, meglio è perchè vuol dire che se la nostra idea viene bocciata nei suoi primi giorni di vita almeno non avremo speso tempo costruendo qualcosa di inutile.

E invece spesso interpretiamo i feedback di potenziali utenti nel modo migliore possibile senza comprendere il “sotto-messaggio”. È importante ricordare una cosa: non conta MAI quello che i clienti dicono ma conta quello che fanno. Se un potenziale cliente vi dice che pagherebbe per il vostro prodotto, aspettate a celebrare fino a quando non avrà effettivamente pagato. Se vi dice che userebbe ogni giorno il software che avete creato, guardate gli analytics per confermare che sia effettivamente così.

Alle persone non piace dare feedback negativi e quindi spesso finiscono per non essere totalmente sinceri nei propri giudizi. Se guardate a quello che fanno effettivamente capirete esattamente cos’hanno in testa.


  • Se tutto va bene, qualcosa sta andando male

Se state facendo fatica, se ogni giorno sembra di scalare l’Everest e se pensate che la lista di problemi sia infinita, non agitatevi. È così che deve essere una startup. Se invece vi sembra che vada tutto liscio, se staccate alle 18:00, se tutto va tranquillo, forse state andando troppo lenti. Perchè è importante ricordare questo punto? Perchè troppe persone mollano il colpo, pensando che non dovrebbero fare tutta questa fatica, che in fondo non sono nati imprenditori, che sicuramente chi ha avuto successo ha trovato davanti a se un percorso senza ostacoli.

Ci sono alcune definizioni interessanti del fare startup. Se volete un consiglio, stampatele e appendetele in ufficio.

Fare una startup è come lanciarsi da una montagna e costruirsi un aereo mentre si sta cadendo
– Reid Hoffman, fondatore di LinkedIn.

Fare una startup è come masticare vetro mentre si fissano gli abissi
– Elon Musk, fondatore di PayPal, SpaceX, Tesla.

Quando ero CEO di una startup, dormivo come un bambino: mi svegliavo ogni due ore e iniziavo a piangere!
– Ben Horowitz, fondatore di Opsware, e del fondo di investimento A16Z i cui investimenti includono: Airbnb, Box, Buzzfeed, Facebook e moltissime altre aziende.

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  • Soci sbagliati

Se pensiamo ad alcune delle maggiori aziende di oggi, sono poche quelle che sono state fondate da una sola persona. Avere un socio è fondamentale per costruire la base di un team con competenze complementari, per tenere alto il morale, per pensare a soluzioni insieme.

Il problema è ovviamente riuscire a trovare il socio o i soci giusti. Cosa cercare quindi nei soci, oltre a delle skill che integrino quelle che già avete? È importante che il vostro o i vostri soci abbiano i vostri stessi valori e la vostra stessa voglia di lavorare.

Passerete con loro molto molto tempo e la startup è, in un certo senso, vostro figlio. Dovete pensare al vostro socio un pò come al vostro partner nella vita: se vi chiamasse alle 4 di notte, rispondereste? Lo portereste a cena dai vostri genitori?


  • Pensare troppo in grande (Nicchia, target, etc…)

Abbiamo sentito mille volte il consiglio “pensa in grande” e sicuramente è un consiglio sensato. Ma non quando si è all’inizio di una attività. Pensare in grande vuol dire cercare di servire tutti i clienti, in tutti i mercati possibili. Vuole dire cercare di essere presenti ovunque senza soddisfare veramente una nicchia precisa di persone.

Come sostiene Paul Bucheit, fondatore di FriendFeed, creatore di Gmail e oggi partner di Y Combinator:

è meglio fare molto felici poche persone, che fare molte persone semi-felici

Qual è la nicchia che servirete con il vostro prodotto? Facebook, come tutti sappiamo è partito servendo solamente i college e in particolare solamente gli studenti di Harvard. PayPal, benchè fosse disponibile a tutti, decise di concentrare i propri sforzi di marketing sopratutto sugli utenti di eBay.

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  • Minuzie varie

La cosa che più importa in una startup è “semplicemente” fare qualcosa che le persone vogliono veramente e risolvere un vero problema.

Sono moltissimi invece quelli che perdono troppo tempo in minuzie come il proprio logo, stampare dei bei biglietti da visita, etc.

Fidatevi, se il vostro prodotto serve, gli utenti saranno felici di usarlo anche se non è perfetto e se, inizialmente, ha solo poche funzionalità.


  • Non conoscere il mercato

Un buon modo per essere sicuri di comprendere le esigenze dei vostri clienti è quello di creare un’azienda in un ambito che conoscete e possibilmente in un mercato in cui avete già esperienza.

Eppure non sono rare le storie di chi si ad un certo punto si butta in un settore di cui non conosce assolutamente nulla, solamente perchè l’idea gli sembra buona o perchè l’ambito è “cool”.

Nel mondo delle startup si parla di “idea maze“: pensate al successo che avrà la vostra azienda come al tesoro che si trova alla fine di un labirinto. Conoscere il mercato vuol dire sapere cosa ha o non ha funzionato in passato, quali eventi ci saranno in futuro e, in base a questi eventi, sapere come si comporterà la vostra startup.

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The Idea Maze

Ovviamente correggendo o evitando questi 10 errori non assicuriamo che la vostra startup diventi la prossima Facebook, ma di certo le probabilità di successo si alzeranno notevolmente.

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